FOGLIE DI CARTA - LUCIANO T.

12.05.2013 11:57

                

Che fosse un ragazzo diverso lo si era capito sin dal momento della nascita, Dean aveva percorso i suoi anni come in un film a rallentatore, ora, avrebbe dovuto avere trent'anni invece ne aveva quindici; la sua mente era più evoluta di un qualsiasi mortale ma aveva il fisico di un quindicenne: alto, esile e con quel piglio grintoso tipico di quell'età. Era figlio unico, i genitori tutto sommato avevano accettato questo figlio così diverso, ma così amabile. Questo stato gli aveva, però, provocato non pochi problemi, tutti lo additavano per la sua diversità, e sotto sotto, lo invidiavano per il ritardato avanzamento degli anni. Dean, si poneva spesso delle domande a cui non sapeva dare risposta : " Perchè sono così! perchè non sono nato come gli altri", a lungo andare si era rassegnato anche se rimanevano quelle domande in sospeso. Era una mattina fredda di gennaio, fuori stava nevicando, a quella vista il suo spirito giocoso lo spinse velocemente giù dal letto, era già vestito quando la signora Viola lo chiamò: " Dean corri, vieni, ho bisogno del tuo aiuto... sono in cantina". " Arrivo mamma!" con stupore si trovò in un batter d'occhio da sua madre, aveva oltrepassato le pareti come se non esistessero, " Dean, puoi darmi una mano a portare questo mobile in salotto?" chiese la donna " Certo mamma, lascia fare a me, vai pure al lavoro che sei in ritardo, lo faccio subito, tanto riesco ad arrivare in tempo a scuola" disse.  " Ma sei sicuro di farcela da solo?" . "Certo mamma vai tranquilla"...

 Quel giorno a scuola c'era un gran fermento, erano arrivate finalmente, le giornate dedicate ai tornei sportivi fra tutte le scuole della città. Dean era, l'asso nella manica, della squadra di pallavolo maschile, l'allenatore non lo faceva giocare subito, ma sfruttava l’occasione quando la partita si stava mettendo male. Al ragazzo andava bene, gli piaceva guardare e tifare i suoi compagni di squadra. La loro prima partita era contro gli atleti della scuola più rinomata della città, erano i Fortuny, ragazzi assai sprezzanti e sicuri del fatto di vincere sempre e ad ogni costo. Ciò non impensieriva, più di tanto, il placido e ottimistico Dean. La partita si sarebbe svolta verso le undici, nel frattempo i ragazzi socializzavano con gli studenti delle altre scuole. " Ciao, come ti chiami?" chiese una brunetta a Dean - " Dean... e tu?" -
" Bel nome! Io Sally la distratta... come mi chiamano il miei compagni; in realtà ho un nome insignificante, Silvana! Chissà da dove l'hanno preso i miei, mi avessero almeno dato anche un'altro nome! Avrei usato quello..." rispose lei .
" Sai che invece lo trovo molto bello? devo essere sincero, non l'ho mai sentito, ma è un motivo in più a far sì che ti rende unica, no?"
" Sei molto gentile Dean, ma se non ti dispiace, preferirei che tu mi chiamassi Sally".
" Va bene... Sally! - Ascolta, a che torneo partecipi?-"
" Sono una tennista a tutti gli effetti, faccio parte della squadra nazionale; so che non sarebbe corretto giocare con chi è alle prime armi, ma mi fanno giocare solo per pochi minuti, in rappresentanza della classe"

" Anch'io gioco poco; si direbbe che abbiamo delle cose in comune... Scusa Sally ma la mia squadra sta per cominciare il gioco, è stato un piacere conoscerti, spero di poterti rivedere, auguri per la tua partita!"
"Grazie Dean, chissà! In bocca al lupo!".
La sfida con i ragazzi del Fortuny si stava mettendo male, l'allenatore era preoccupato e nervoso, la sua squadra sembrava priva di vita, non aveva né ritmo né entusiasmo... Dean ne era cosciente, c'era qualcosa che non andava, ma cosa era successo ai suoi amici?
"Bruno! fammi entrare... non aspettare oltre, quello che manca in questo momento è un po' di ottimismo, affidati a me."
" Dean è ancora troppo presto, aspetta che prima parli con loro; sono certo che dipenda tutto da un fatto psicologico... devono pensare d'avere, davanti a loro, una squadra, forte sì, ma non imbattibile!"
" Come vuoi Bruno, quello che decidi è sempre azzeccato..."
Fra i due c'era un rapporto di profondo rispetto, ma anche affetto.
Bruno era come un secondo padre per Dean, era un uomo buono ma forte e determinato, si era sempre preso cura dei ragazzi del suo quartiere, facendone dei giovani fiduciosi, rispettosi e amanti della vita.

La partita si era messa male, era necessario ora  che Dean entrasse in campo, fra un minuto sarebbe finita la frazione di gioco, e la squadra avrebbe dovuto cambiare il campo, era il momento giusto anche per Bruno di parlare con i ragazzi e decidere l’entrata di Dean, erano a due set a zero a favore della squadra avversaria, perdere la prossima avrebbe voluto dire essere esclusi al primo torneo, era una regola decisa dai presidi delle scuole,  le classi partecipanti erano troppe, per cui si era deciso per partite secche, la vittoria ai migliori.

I tre minuti erano scaduti era tempo di tornare a lottare, fin dalle prime battute la situazione sembrava capovolta, il carisma e le capacità fantasiose di Dean si facevano notare, e  in men che non si dica da due set a zero erano arrivati a due a due, ora c’era il set decisivo; i ragazzi del Fortuny spiazzati erano disorientati, ormai erano già sicuri di avere in mano la vittoria… non erano intenzionati però a mollare per cui questo set sarebbe stato molto combattuto.

E così fu, ma ormai la squadra di Dean era molto gasata ed ebbe la meglio. La felicità tra i ragazzi era travolgente, anche se sarebbe stata lunga la strada per la finale, ma quello che contava era che aveva battuto la squadra più qualificata e favorita.

Dean non sapeva ancora che quella sarebbe stata la sua ultima partita.

Si stava per compiere…